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martedì 12 aprile 2016

Bigelow Aerospace, BEAM, passato presente e futuro dei moduli spaziali abitativi?

(Credit NASA)

NEWS SPAZIO :- TransHab è il nome di un "Design Concept" NASA per la realizzazione di moduli abitativi gonfiabili da agganciare alla Stazione Spaziale Internazionale.
L'idea nacque nel 1997 al centro NASA Lyndon B. Johnson Space Center (Houston, Texas) come possibile habitat per missioni umane su Marte.

La cosa interessante di questa tecnologia stava proprio nel fatto che al lancio questi moduli erano "compressi" (per soddisfare la capacità dei razzi vettori) e poi "gonfiati" una volta raggiunta la loro destinazione, allo scopo di offrire un maggior volume abitabile a disposizione degli equipaggi.

Ma il progetto sebbene fosse affascinante e concretamente realizzabile non vide mai la luce, venne infatti accantonato e poi cancellato dal Congresso USA alla fine degli anni '90 (del secolo scorso) per questioni di budget.

Eppure oggi quel Concept è diventato realtà ed è arrivato sulla Stazione Spaziale Internazionale. E tutto questo per la volontà – la vision direi! – di un privato e della sua azienda.



L'idea alla base della tecnologia dei moduli gonfiabili va molto indietro nel tempo, fino agli inizi del volo spaziale. In cima al post vedete una foto del 1961 che ci mostra il prototipo di un modulo toroidale - a forma di ciambella! - gonfiabile dal diametro di 7,3152 metri (24 piedi).

I ricercatori del NASA Langley Research Center lavorarono con la Goodyear Aircraft Corporation per la realizzazione di questo prototipo, ancora prima di raggiungere la Luna ed ancora prima che gli Stati Uniti riuscissero a mettere un uomo nello spazio.
Ma le conoscenze e la tecnologia di allora non erano sufficienti a progettare un modulo gonfiabile che potesse garantire come minimo lo stello livello di sicurezza dei moduli orbitali che abbiamo oggi.

Con TransHab, più di trent'anni dopo, il concept di un modulo orbitale gonfiabile divenne una possibilità concreta.
Grazie allo sviluppo di nuovi materiali avanzati, quali ad esempio il Kevlar, sarebbe stato finalmente possibile costruire moduli piccoli abbastanza da poter essere lanciati dagli attuali servizi di lancio che una volta raggiunta l'orbita Terrestre (o la Luna, o addirittura Marte) avessero la capacità di aumentare considerevolmente il proprio volume.

In particolare TransHab era progettato per essere una struttura gonfiabile composta da circa 12 strati di differenti materiali in grado di offrire protezione da radiazioni, protezione termica, protezione da impatti di micro-meteoriti (o detriti orbitali).
In questa immagine vedete la proposta TransHab per la Stazione Spaziale Internazionale.

(Credit NASA)

Dal sito NASA che descrive la tecnologia di TransHab si legge che la chiave per la protezione dagli impatti di micro-meteoriti è costituita da ripetuti strati di Nextel intervallati da strati di schiuma isolante. In questo modo le particelle impattanti perdono progressivamente energia mano a mano che penetrano più a fondo.
Uno degli strati più interni è costituito da Kevlar, che mantiene la forma del modulo. L'aria è trattenuta da tre coperture di Combitherm.

Transhab avrebbe avuto al lancio 11 metri di lunghezza per 4,3 metri di diametro e massa di 13,2 Tonnellate. Dopo essere stato gonfiato sulla ISS avrebbe avuto un diametro di 8,2 metri per un volume di di 339,8 metri cubi.
TransHab era un'idea di progetto assolutamente concreta e fattibile. E per tutti gli addetti ai lavori (ed anche per gli appassionati) fu davvero un peccato vederne la cancellazione.

La sua eredità fu però ripresa dall'imprenditore Robert T. Bigelow che nel 1999 fondò l'azienda Bigelow Aerospace. In accordo con la NASA continuò a sviluppare la tecnologia dei moduli spaziali gonfiabili multistrato.

Nuovi miglioramenti e l'uso del Vectran, un nuovo materiale proprietario due volte più resistente del Kevlar, fanno sì che, secondo quanto dichiarato dalla stessa Bigelow Aerospace, sia possibile avere una protezione da detriti superiore rispetto alla protezione offerta dagli attuali moduli della ISS.

Bigelow Aerospace ha già inviato in orbita due moduli di test, Genesis I e Genesis II. Genesis I è stato lanciato nel 2006 da un razzo Dnepr, Genesis II l'anno successivo ed ha operato con successo per più di due anni e mezzo.
Le loro dimensioni erano le seguenti: massa al lancio di 1.360 kg per 4,4 m di lunghezza e 1,6 m di diametro. Una volta gonfiati il diametro arrivava a 2,54 m, per un volume interno di 11,5 metri cubi.

Nel Dicembre 2012 la NASA firmò un contratto di 17,8 milioni di dollari con Bigelow Aerospace per lo sviluppo di un modulo gonfiabile di test da installare sulla Stazione, il Bigelow Expandable Activity Module, BEAM.

E tornando al presente, come abbiamo potuto vedere nei giorni scorsi, Domenica 10 Aprile BEAM ha raggiunto la ISS. E fra qualche giorno verrà prelevato dalla sezione non pressurizzata della capsula Dragon e sarà installato nella Stazione. Ecco come



Si tratta di un altro storico successo, grandissimo certamente per il signor Bigelow prima di tutto, ma direi anche per tutte le persone che negli scorsi decenni hanno sognato, ideato e lavorato per lo sviluppo di questa tecnologia.

Un grande punto di arrivo quindi, che però come spesso accade in una tecnologia ancora relativamente giovane come l'esplorazione spaziale umana, rappresenta solo una tappa intermedia, un nuovo punto di partenza per obiettivi ancora più grandi.

BEAM è un modulo di test, assolutamente perfetto per testare in orbita la resistenza, la sicurezza, in altre parole, la maturità di questa tecnologia.

(Credit Bigelow Aerospace)

La sua massa al lancio è di circa 1.360 kg, per 2,4 metri di diametro ed 1,7 metri di lunghezza nella sua configurazione compressa.
Una volta gonfiato la lunghezza sarà di 4 metri ed il diametro di 3,2 metri, per un volume abitabile di 16 metri cubi.

Ma il vero primo modulo orbitale abitativo gonfiabile di dimensioni reali è quello che Bigleow Aerospace chiama il BA330 (ne avevamo accennato qualcosa qui).

BA330 avrà una lunghezza di 13,7 metri e diametro di 6,7 metri ed offrirà circa 330 metri cubi di volume utilizzabile, abbastanza per un equipaggio di 6 persone (massa al lancio di circa 20 Tonnellate).

Nei piani di Bigelow Aerospace vi è l'intenzione di unire più moduli per realizzare vere e proprie stazioni spaziali commerciali. Ed i loro progetti vanno anche alla costruzione di moduli ancora più grandi.

E l'interesse per la NASA è certamente nella direzione di avere moduli abitativi sia per le lunghe missioni di esplorazione che per i futuri insediamenti planetari.

Un futuro che con l'arrivo di BEAM sulla ISS è certamente più concreto e forse anche un po' più vicino.

6 commenti:

  1. Lo parte o strato esterno è certamente quello più soggetta all'usura, all'invecchiamento.
    Impatto continuo del flusso di radiazioni solari, gli stress termici, polveri cosmiche e micrometeoriti.
    Sarebbe utile se fosse progettato in modo da poter eventualmente essere sostituito, quindi separabile facilmente (più o meno facilmente ...) dagli altri strati interni, in modo da poter manutenzionare la sola copertura protettiva esterna, tutta o solo parte di essa, se risultasse troppo danneggiata per continuare a garantire un sufficiente livello di sicurezza.

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  2. La Bigelow Aerospace (BA) e la United Launch Alliance (ULA) hanno annunciato oggi la loro collaborazione per sviluppare e rilasciare volumi abitabili in Orbita Bassa Terrestre (LEO - Low Earth Orbit). Gli spazi disponibili saranno basati sul modulo espandibile Bigelow Aerospace B330 e prevede un lancio iniziale in orbita nel 2020 a bordo di un veicolo di lancio Atlas V 552 della ULA.
    L'annuncio è stato dato durante il 32esimo Space Symposium che si sta svolgendo a Colorado Springs. Il B330 avrà a disposizione 330 metri cubi di spazio interno. Il veicolo supporterà ricerche a gravità zero comprese le missioni scientifiche e la produzione di materiali. Oltre ai suoi scopi scientifici ed industriali, vi è anche il potenziale come luogo di destinazione per il turismo spaziale e per veicoli in missioni destinate alla Luna e Marte. Costruito nella fabbrica della Bigelow Aerospace che si trova a nord di Las Vegas, ogni B330 potrà sostenere un equipaggio di sei persone, avere quattro finestre di osservazione ed una vita operativa di 20 anni.
    "Stiamo studiando opzioni per il posizionamento iniziale di B330 compresi i colloqui con la NASA sulla possibilità di agganciarlo alla Stazione Spaziale Internazionale (ISS)," ha detto Robert Bigelow, fondatore e presidente della Bigelow Aerospace. "In questa configurazione il B330 incrementerebbe il volume della stazione del 30% e funzionerebbe come campo di prova multiuso in supporto degli obiettivi di esplorazione della NASA così come fornire significative opportunità commerciali. Il nome provvisorio per questo modulo è XBASE per Expandable Bigelow Advanced Station Enhancement.",

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  3. Post molto interessante.
    L'idea di aspettare 2 anni di test per poi aspettare chissà quanto tempo ancora per vedere il primo modulo abitato pressurizzato (ho letto da qualche parte che è più più corretto che il termine gonfiato per il BEAM), non mi elettrizza!!
    Dovremo aspettare i tempi di NASA notoriamente lunghi (comunque menomale che c'è la NASA^_^) di test e lungaggini burocratiche... vedi approvazione budget del congresso od eventuale cambio di "vision" del presidente degli USA di turno!
    Sono impaziente lo so^_^, ma è tutto cosi eccitante!!

    By SImo

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    Risposte
    1. Eccitato, non elettrizzato!

      Agitato, non mescolato!

      ...!

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    2. "il primo modulo abitato pressurizzato"
      Simo, direi che un po' tutti i moduli abitati debbano essere pressurizzati... :-)
      Forse ti piace di più "espandibile"? Lo preferisco anch'io!

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