NEWS SPAZIO :- Quando un meteorite colpisce la superficie di un corpo planetario tipicamente genera una grande quantità di materiale che viene eiettato in tutte le direzioni, oltre a creare un cratere per l'appunto da impatto. Accade in tutto l'Universo.
A volte però una parte del materiale eiettato acquisisce abbastanza energia da essere proiettata verso lo spazio esterno e sfuggire all'attrazione gravitazionale del proprio pianeta. Questa diventa così un altro meteorite che viaggiando nello spazio può scontrarsi con altri corpi celesti.
E' quanto accadde 12 milioni di anni fa su Marte, quando un impatto meteorico scagliò un certo quantitativo di roccia nello spazio. Un pezzo di questa viaggiò per molto molto tempo fino a cadere sulla Terra 50.000 anni fa.
Questa roccia dal peso di 13,7 Kg fu trovata in Antartide all'interno del Ghiacciaio Yamato nell'anno 2000 e gli venne dato il nome di Yamato 000593 (Y000593).
Una serie di studi su tale roccia evidenziano la presenza di acqua e non solo, tanto da far riprendere il dibattito sulla presenza di vita anticamente sul Pianeta Rosso.
Già nel 1996 un gruppo di scienziati del NASA Johnson Space Center di Houston guidati da David McKay, Everett Gibson e Kathie Thomas-Keprta pubblicarono un articolo nella rivista Science annunciando la scoperta di tracce biologiche nel meteorite Allan Hills 84001 (ALH84001).
Si trattò di un articolo che produsse una corposa e lunga discussione nella comunità scientifica, senza tuttavia raggiungere una conclusione condivisa.
Lo studio di cui parliamo oggi è stato compiuto sulla roccia Yamato 000593 da parte un team di ricercatori del NASA Johnson Space Center e del Jet Propulsion Laboratory. Si aggiungono nuove informazioni, senza tuttavia proporsi come prove certe nel dibattito sulla presenza o meno di vita nel Pianeta Rosso.
Gibson ed i suoi colleghi si sono concentrati su piccole strutture presenti all'interno di Yamato 000593.
Queste suggeriscono la possibilità che siano state formate da processi biologici presenti su Marte centinaia di milioni di anni fa.
Questa scoperta è stata pubblicata nel numero di Febbraio della rivista Astrobiology. L'autore principale è Lauren White (NASA Jet Propulsion Laboratory) ed i coautori sono - ancora - Everett Gibson, Thomas-Keprta, Simon Clemett e David McKay (tutti del NASA Johnson Space Center).
Qui sulla Terra l'unico modo per studiare il Pianeta Rosso ed indagare le profondità della sua anima è analizzare i meteoriti che provengono da Marte. Questi si distinguono dalla roccia Terrestre e da altri meteoriti (ad esempio Lunari) dalla composizione degli atomi di ossigeno presenti all'interno dei materiali silicati e dalla presenza dei gas dell'atmosfera Marziana intrappolati anch'essi all'interno della roccia stessa.
Rispetto agli studi che i robot esploratori effettuano direttamente sulla superficie del Pianeta Rosso, sulla Terra possono essere applicate molteplici tecniche di analisi. E parlando di Yamato 000593 le analisi hanno rilevato che la roccia si è formata 1,3 miliardi di anni fa da un flusso lavico su Marte, per poi essere scagliata nello spazio 12 milioni di anni fa e raggiungere la Terra come descritto in cima al post.
Il team ha individuato due serie distinte di caratteristiche, entrambe correlate all'argilla Marziana. Sono state trovate strutture a forma di tunnel e microtunnel che si fanno strada attraverso il meteorite, le vedete nalla prima foto in alto.
I microtunnel osservati hanno forme curve ed ondulate, coerenti con bio-alterazioni nella trama osservate in vetri basaltici Terrestri (già segnalate in precedenza dai ricercatori che studiano le interazioni dei batteri con materiali basaltici qui sulla Terra).
La seconda serie di caratteristiche consiste di piccole sferule, di dimensioni nell'ordine dei nanometri fino a micrometri, che sono inserite in strati all'interno della roccia e sono distinti dal carbonato e dallo strato sottostante di silicato.
Simili sfere erano state precedentemente osservate nel meteorite Marziano Nakhla che cadde nel 1911 in Egitto. E' sorprendente osservare la somiglianza nelle sferule trovate nei due meteoriti, anche tenendo conto che Yamato 000593 riposava in Antartide da 50.000 anni prima di essere trovato, mentre Nakhla è stato raccolto poco dopo la sua caduta al suolo.
Le misurazioni sulla composizione delle sferule trovate in Yamato 000593 indicano che queste sono notevolmente arricchite di carbonio rispetto agli strati vicini di "iddingsite", un minerale quest'ultimo formatosi dall'azione dell'acqua.
Sono però gli stessi autori della ricerca a far notare che non è possibile escludere la possibilità che le caratteristiche individuate possano essere causate da processi non-biologici, anche se le forti somiglianze sia di texture che di composizione con le caratteristiche trovate in campioni Terrestri (interpretate quest'ultime come di carattere biogenico) portano alla intrigante possibilità della presenza di attività biotica sul Pianeta Rosso.
Inoltre non può essere eliminata per quanto possa essere remota anche la possibilità di contaminazione, cosa generalmente vera in qualunque meteorite. Le analisi continuano.
Immagini, credit NASA.
Fonte dati, NASA JPL.
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