NEWS SPAZIO :- Abbiamo parlato varie volte della tecnologia "additive manufacturing" per la produzione di oggetti, comunemente detta stampa in 3D.
Si tratta di una tecnologia molto promettente, che sempre più sta prendendo piede anche in ambito spaziale, al momento come tecnologia oggetto di sperimentazione.
Ecco un nuovo utilizzo, la realizzazione di componenti per motori a razzo che potrebbero portare ad un sensibile abbassamento dei tempi e dei costi di produzione, ancora molto alti. Al centro NASA Marshall Space Flight Center (Huntsville, Alabama) si sono svolti alcuni test molto interessanti.
Produrre un oggetto tridimensionale per mezzo di una stampante 3D è ormai una cosa assolutamente fattibile. Alcuni modelli economici potrebbero essere anche alla nostra portata ormai.
Ma se quest'oggetto fosse un componente di un razzo, quali caratteristiche dovrebbe garantire rispetto allo stesso pezzo realizzato con le tradizionali tecniche costruttive?
Funzionalità, performance, resistenza, affidabilità, durata (...) sono tutti parametri da valutare con attenzione quando si adotta una nuova tecnologia che sostituisce qualcosa prodotto con una tecnologia consolidata.
La stampa 3D abbiamo detto è un processo molto più economico, ma i risultati soddisfano i vincoli richiesti per l'utilizzo nel settore spaziale degli oggetti prodotti con questa tecnologia?
In poco più di 1 mese il personale del Centro Marshall ha realizzato due iniettori su scala ridotta mediante una speciale stampante 3D ed ha svolto 11 test di accensione di un razzo con questi iniettori, accumulando un totale di 46 secondi di accensione a temperature vicino a 6000°F (3315,5 °C) bruciando ossigeno liquido ed idrogeno gassoso.
Le parole di Sandra Elam Greene, propulsion engineer che ha curato i test ed ha ispezionato i nuovi iniettori dopo le prove: "Non abbiamo rilevato alcuna differenza nelle prestazioni tra gli iniettori realizzati con una stampante 3D e quelli realizzati in maniera tradizionale. Due distinti iniettori prodotti con stampa in 3D hanno operato magnificamente durante tutti i test di accensione".
Buone notizie quindi, suffragate anche dalle analisi condotte dopo i test, le quali hanno verificato che gli iniettori sono rimasti in condizioni eccellenti.
Sono stati svolti anche test acustici sempre per verificare la bontà della nuova tecnologia di produzione rispetto a quella tradizinale, nonché altre prove su componenti più complessi da "stampare".
Ulteriori prove verranno condotte su di un iniettore "stampato" inviato al centro NASA Stennis Space Center (Mississippi), dove si accumuleranno i tempi di accensione per verificarne la durata.
Il potenziale di risparmio in tempi e costi dell'utilizzo della tecnologia 3D alla produzione di componenti per motori a razzo potrebbe arrivare fino a 10 volte rispetto alle tecnologie di produzioni odierne.
Gli iniettori (sempre a scala ridotta) prodotti "tradizionalmente" richiedono circa 6 mesi di realizzazione e sono composti da quattro parti, cinque saldature e lavorazioni particolareggiate, per un costo di più di 10.000 dollari ciascuno.
Gli ingegneri dei materiali del centro NASA Marshall hanno costruito lo stesso iniettore in un unico pezzo con polvere d'acciaio ed una stampante 3D di ultima generazione al costo di meno di 5000 dollari.
Ci sono volute circa 40 ore per la "stampa 3D" mediante un processo detto di selective laser melting, e circa 2 settimane per la fase di pulitura ed ispezione mediante tomografia computerizzata per verificare che il pezzo fosse stato costruito rispettando gli schemi progettuali
Nella seguente foto vedete proprio un iniettore "stampato" in 3D
a sinistra come appare appena terminata la "stampa", a destra dopo ispezione e pulizia.
Ecco il video del test
Enjoy!
Immagini, credit NASA/MSFC.
Fonte dati, NASA.
Questo test apre prospettive molto interessanti
RispondiEliminaIl fattore costo e’ certo importante ma mi soffermerei di piu’ sulla lavorazione in se .Se ho letto bene si tratterebbe di realizzare strutture in monoblocco riducendo quindi tempi e lavorazioni aggiuntive piu’ complesse che possono generare imprevisti.
La strada e’ ancora lunga occorreranno altri test strutturali e di fatica per verificare la bonta’ di questo nuovo approccio industriale.Poi si passera’, credo a test dinamici su un mockup di un veicolo orbitale che simulera’ ad es una manovra di docking e di deorbiting .Se questo futuro test dara’ i risultati sperati non mi stupirirei i se questa tecnologia diventasse di routine.All’inzio ne vedo bene l’utilizzo per la realizzazione di piccoli motori razzo di manovra , appunto da usare su navi cargo e/ o manned in arrivo e/o partenza per la I.S.S..Per motori di spinta la vedo dura…per ora.