L' American Geophisical Union (AGU) Fall Meeting è una delle quattro più grandi conferenze annuali che si occupa di Scienze Planetarie, in cui gli scienziati presentano gli ultimi risultati delle loro ricerche. Essa si sta svolgendo proprio in questa settimana (dal 15 al 19 dicembre) a San Francisco (California). Neanche a dirlo, vi sono molte sessioni estremamente interessanti, come si può vedere direttamente sul sito web dell'AGU (eccolo).
Ieri pomeriggio (da noi in Italia ieri sera) si è svolta la sessione che ha presentato alcuni risultati ottenuti dal team di missione della sonda Mars Phoenix. Anche se, come orami tutti sappiamo, la missione è stata dichiarata conclusa, i dati in mano agli studiosi sono tanti e tali da impegnarli ancora per parecchio tempo.
E secondo gli scienziati, sono state trovate prove del fatto che il suolo artico marziano (il sito di atterraggio di Phoenix) che adesso è molto secco e molto freddo, nel passato invece è stato più caldo ed umido. Pare che vi siano cicli climatici a lungo termine e nei cicli più caldi il suolo diventa umido abbastanza per modificare la chimica del terreno, producendo effetti che persistono anche nei periodi più freddi.
E' stato possibile realizzare modelli predittivi più accurati, i quali indicano che il vapore d'acqua possa filtrare attraverso il suolo tra l'atmosfera e la sub-superficie ghiacciata (di ghiaccio d'acqua) producendo un aumento della umidità del suolo stesso. Tutto questo sembra essere possibile quando l'inclinazione dell'asse di rotazione di Marte è maggiore di quanto non sia adesso.
Senza una grande luna per stabilizzarlo (come invece abbiamo noi) Marte è soggetto a cicli periodici in cui tale inclinazione diventa anche maggiore dell'inclinazione della nostra Terra. Ed in questi periodi "fortemente inclinati" il sole sorge molto più in alto nei poli di Marte di quanto non faccia adesso, e le pianure artiche (ad esempio dove è atterrato Phoenix) godono di estati più miti e temperate.
Il ghiaccio sotto il suolo intorno a Phoenix non è infatti un deposito sigillato proveniente da un antico oceano. Si tratta piuttosto di un "sistema dinamico" in equilibrio con l'ambiente circostante, il quale cambia - appunto - con i cicli di inclinazione dell'asse del pianeta, su una scala che va da centinaia di migliaia di anni a pochi milioni di anni. Probabilmente vi saranno altre dozzine di cicli nei prossimi 10 milioni di anni.
E' stato scoperto un aspetto molto importante, relativo alla tipologia delle zolle di suolo analizzate da Phoenix, che rappresenta una prova degli effetti dell'acqua. L'esame microscopico mostra la presenza di sabbia e di particelle di polvere portate dal vento, ma le zolle di suolo mostrano maggiore coesione di quanto ci si aspetterebbe normalmente. Non sono fortemente cementate, si sfalderebbero se prese in mano, ma c'è stato qualcosa che ha preso il materiale "grezzo" vento e lo ha "aggregato" insieme.
E la candidata responsabile di questo effetto di unione (o minima cementificazione) è proprio la molecola d'acqua, o (1) aderendo alla superficie delle particelle di suolo aggregandole, oppure (2) sciogliendo e ridepositando i sali presenti nel suolo stesso, sali identificati da Phoenix, tra cui magnesio, perclorato e carbonato di calcio.
Inoltre, Phoenix ha determinato una variazione delle proprietà elettriche del suolo esaminato, consistenti con l'accumulo di molecole d'acqua sulla superficie dei granelli di suolo stesso durante i cicli giornalieri di infiltrazione del vapore acqueo nel terreno.
Ieri pomeriggio (da noi in Italia ieri sera) si è svolta la sessione che ha presentato alcuni risultati ottenuti dal team di missione della sonda Mars Phoenix. Anche se, come orami tutti sappiamo, la missione è stata dichiarata conclusa, i dati in mano agli studiosi sono tanti e tali da impegnarli ancora per parecchio tempo.
E secondo gli scienziati, sono state trovate prove del fatto che il suolo artico marziano (il sito di atterraggio di Phoenix) che adesso è molto secco e molto freddo, nel passato invece è stato più caldo ed umido. Pare che vi siano cicli climatici a lungo termine e nei cicli più caldi il suolo diventa umido abbastanza per modificare la chimica del terreno, producendo effetti che persistono anche nei periodi più freddi.
E' stato possibile realizzare modelli predittivi più accurati, i quali indicano che il vapore d'acqua possa filtrare attraverso il suolo tra l'atmosfera e la sub-superficie ghiacciata (di ghiaccio d'acqua) producendo un aumento della umidità del suolo stesso. Tutto questo sembra essere possibile quando l'inclinazione dell'asse di rotazione di Marte è maggiore di quanto non sia adesso.
Senza una grande luna per stabilizzarlo (come invece abbiamo noi) Marte è soggetto a cicli periodici in cui tale inclinazione diventa anche maggiore dell'inclinazione della nostra Terra. Ed in questi periodi "fortemente inclinati" il sole sorge molto più in alto nei poli di Marte di quanto non faccia adesso, e le pianure artiche (ad esempio dove è atterrato Phoenix) godono di estati più miti e temperate.
Il ghiaccio sotto il suolo intorno a Phoenix non è infatti un deposito sigillato proveniente da un antico oceano. Si tratta piuttosto di un "sistema dinamico" in equilibrio con l'ambiente circostante, il quale cambia - appunto - con i cicli di inclinazione dell'asse del pianeta, su una scala che va da centinaia di migliaia di anni a pochi milioni di anni. Probabilmente vi saranno altre dozzine di cicli nei prossimi 10 milioni di anni.
E' stato scoperto un aspetto molto importante, relativo alla tipologia delle zolle di suolo analizzate da Phoenix, che rappresenta una prova degli effetti dell'acqua. L'esame microscopico mostra la presenza di sabbia e di particelle di polvere portate dal vento, ma le zolle di suolo mostrano maggiore coesione di quanto ci si aspetterebbe normalmente. Non sono fortemente cementate, si sfalderebbero se prese in mano, ma c'è stato qualcosa che ha preso il materiale "grezzo" vento e lo ha "aggregato" insieme.
E la candidata responsabile di questo effetto di unione (o minima cementificazione) è proprio la molecola d'acqua, o (1) aderendo alla superficie delle particelle di suolo aggregandole, oppure (2) sciogliendo e ridepositando i sali presenti nel suolo stesso, sali identificati da Phoenix, tra cui magnesio, perclorato e carbonato di calcio.
Inoltre, Phoenix ha determinato una variazione delle proprietà elettriche del suolo esaminato, consistenti con l'accumulo di molecole d'acqua sulla superficie dei granelli di suolo stesso durante i cicli giornalieri di infiltrazione del vapore acqueo nel terreno.
Nessun commento:
Posta un commento
Chiunque può liberamente commentare e condividere il proprio pensiero. La sola condizione è voler contribuire alla discussione con un approccio costruttivo e rispettoso verso tutti. Evitate di andare off-topic e niente pubblicità, grazie.